Caratterizzato da formazioni rocciose che imitano l’acqua e altri elementi naturali, il karesansui (paesaggio secco) è l’epitome del giardino giapponese. Questi giardini di pietra, noti impropriamente anche come giardini zen, hanno una storia che risale al 12° secolo.
Ad oggi i giardini di pietra non sono semplicemente copie statiche della tradizionale architettura paesaggistica, ma sono piuttosto un’espressione in costante evoluzione del pensiero Zen.
LE ORIGINI DEL GIARDINO DI PIETRA
La descrizione più antica dei giardini di pietra si trova nel Sakuteiki, o “Annotazioni sulla composizione dei giardini”, scritto nel tardo periodo Heian (XI secolo). Si legge: “Un giardino di pietre senza un laghetto né un ruscello deve essere definito un giardino paesaggistico secco, che esprime un paesaggio naturale pieno d’acqua senza la presenza effettiva di acqua”.
Non si sa esattamente come fossero queste tipologie di giardino, poiché non ve n’è rimasta alcuna traccia. Tuttavia, le successive pratiche di giardinaggio giapponesi furono fortemente influenzate dalla filosofia Zen, che non era ancora diffusa in Giappone quando fu scritto il Sakuteiki. Quindi i giardini ivi descritti molto probabilmente erano diversi rispetto a quelli sviluppatisi in seguito. Eppure, è chiaro che la caratteristica chiave di un giardino di pietra – evocare l’acqua in un paesaggio secco – esisteva. Due sono stati i fattori che hanno influenzato la moderna evoluzione dei giardini di pietra.
Insegnamenti Zen
La moderna evoluzione dei giardini di pietra è da attribuire in primis alla diffusione del pensiero zen in tutto il Giappone. Questa scuola buddhista ebbe origine in Cina per poi fiorire in Giappone dal periodo Kamakura al periodo Edo (dalla fine del XII secolo agli inizi del XVI secolo).
Il primo vero giardino di pietra fu creato nel tempio Zen di Saihō-ji, a Kyoto, da Muso Soseki (1275-1351), il cui lavoro oggi occupa un posto importante nella storia del giardinaggio giapponese. Il monaco-giardiniere fu chiamato a ricostruire il tempio di Saihō-ji ormai quasi abbandonato, precedentemente dedicato a un’altra scuola buddhista, il Buddhismo della Terra Pura, per trasformarlo in un vero e proprio tempio Zen. La ricostruzione comportò numerosi cambiamenti e non fu risparmiato nemmeno il giardino.
Muso Soseki decise di creare un giardino di pietra dove i monaci potessero praticare lo Zen. Le rocce hanno un posto speciale nel pensiero Zen, simboleggiano infatti la forza della natura, e una pratica dello Zen implica la contemplazione delle rocce al fine di prendere coscienza di ciò che è invisibile.
Forme d’arte
Il secondo fattore che ha influenzato la moderna evoluzione del giardino di pietra furono il bonkei e il sansui-ga. il Bonkei (paesaggio in vassoio) è l’arte di comporre un paesaggio in miniatura all’interno di un vassoio facendo uso di sabbia, pietre e piante. Ed è proprio dal bonkei che ha avuto origine l’usanza di coltivare i famosi bonsai giapponesi. Tali vassoi venivano poi esposti durante le celebrazioni o fungevano da elementi decorativi all’interno di un’abitazione. Sansuiga è invece uno stile di pittura paesaggistica molto popolare tra i sacerdoti Zen.
SUCCESSIVE EVOLUZIONI
Il giardino di pietra è evoluto grazie a questi due fattori e l’attuale tipologia ben sposa anche l’estetica wabi-sabi che esalta tutto ciò che è imperfetto o incompleto. Col tempo i giardini di pietra hanno iniziato a essere adottati non solo nei Templi Zen. Anche i samurai e i mercanti, infatti, non poterono più farne a meno. Tuttavia, nel pieno del periodo Edo (1603-1867), i giardini decorati con piante ebbero la meglio su quelli “secchi”.
I giardini di pietra hanno poi vissuto una rinascita nel periodo Showa (20° secolo), per opera del giardiniere-storico Mirei Shigemori (1896-1975) il quale ne creò oltre 200 esemplari. Pur rispettando le regole tradizionali della disposizione delle pietre, i suoi giardini non erano semplicemente mere imitazioni. Mirei Shigemori nelle sue opere, infatti, riuscì a combinare innovazione ed estetica moderna con la tradizione.
IL SIMBOLISMO DEI GIARDINI DI PIETRA
I simboli presenti nei giardini di pietra riflettono il pensiero Zen e l’antica filosofia cinese. Questi giardini quindi sono qualcosa di più di una semplice raccolta di rocce.
Un esempio lampante è l’horai-jima, un’isola inarrivabile abitata da creature immortali della leggenda cinese. I tsuru-jima (isole delle gru) e il kame-jima (isole delle tartarughe), entrambi simboleggianti la longevità, sono spesso disposti nelle sue immediate vicinanze.
Piccole pietre che rappresentano le “navi del tesoro”, simbolo di fortuna e prosperità, sono invece solitamente disposte con una delle loro estremità rivolta verso l’isola degli immortali in modo tale da rappresentare il viaggio verso l’isola per rivendicarne i tesori o il ritorno a casa con il bottino conquistato.
Il Ryumon-baku, chiamato così per la leggendaria cascata di Ryumon (Cancello del Drago) sul Fiume Giallo della Cina, è un noto simbolo Zen. Secondo la leggenda, qualsiasi carpa fosse riuscita a risalire la cascata si sarebbe trasformata in un drago e si sarebbe poi librata nel cielo. Da questa antica leggenda hanno avuto anche origine i famosi koinobori giapponesi (festoni di carta o di stoffa a forma di carpa). Gli insegnanti Zen usano questa storia per spiegare l’atteggiamento che un praticante deve avere per raggiungere l’illuminazione.
DISEGNI D’ACQUA
Il samon è un disegno effettuato nella sabbia che imita le increspature delle onde. Questa tecnica ha avuto origine durante il periodo Heian (794-1192) quando gli spazi sacri venivano coperti con sabbia bianca. Sotto l’influenza del bonkei, questa sabbia iniziò a essere disposta a mo di onde per simboleggiare l’acqua.
Col tempo sono stati sviluppati molti disegni di increspature per simboleggiare le acque del fiume o dell’oceano. Lo stesso oceano, infatti, può essere in balia sia di onde grandi che che semplici increspature sulla superficie dell’acqua.
Le increspature delle onde sono solitamente disegnate con un rastrello o una scopa da un sacerdote. Si racconta che Muso Soseki non lasciasse nemmeno un granello di polvere nel suo giardino. Era fermamente convinto che l’atto di spazzare un giardino servisse a purificare la mente dai pensieri del mondo e che disegnare increspature nella sabbia fosse invece utile per calmare e purificare la mente.
I GIARDINI DI PIETRA NELLE CASE MODERNE
Oggi i giardini di pietra purtroppo non sono molto popolari in Giappone, anche se negli ultimi anni l’attenzione dei più giovani si sta soffermando maggiormente sulla cultura tradizionale del proprio Paese.
Creare un giardino di pietra non è una “Mission Impossible”. I motivi per cimentarsi in quest’arte sono tanti. Primo fra tutti la possibilità di realizzare un luogo dove poter riposare dalla vita frenetica e calmare così la propria anima. Non preoccuparti di infrangere le regole: questi giardini infatti sono destinati a cambiare con il flusso del tempo e non devono essere copie statiche dei giardini storici. La loro eredità culturale consiste nel creare qualcosa che tocchi l’anima di chi li guarda, piuttosto che imitare ciecamente il passato.
Sebbene questa composizione non vanti grandi opere in pietra, incorpora le increspature della sabbia che sono una parte importante del giardino di pietra. Sono presenti anche delle piastrelle posate sulla sabbia che rendono più semplice la manutenzione perché così le onde non necessitano di essere disegnate manualmente. Tutt’attorno sono stati piantati alcuni alberi in un modello che rendono la composizione molto più naturale naturale.
Usando lanterne e pietre è possibile creare una composizione magnifica anche in uno spazio ristretto. Gli elementi che con l’aiuto delle pietre riproducono le fattezze di uno stagno sono chiamati kareike, “stagni secchi”. Uno dei loro vantaggi è che sono più facili da creare e mantenere rispetto agli stagni con acqua reale. Posizionare in prossimità dello stagno delle piante che crescono vicino l’acqua rende poi l’illusione ancora più convincente.
Privi di ostentazione, i giardini di pietra irradiano un fascino irresistibile. S tratta di composizioni usate da sempre per praticare lo Zen e oggi possono essere proprio ciò di cui abbiamo bisogno per ricordare a noi stessi di prenderci un momento per riflettere.